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Da bambino voleva diventare un salumiere. Oppure il presidente della Repubblica. Invece nel 1977 è stato assunto in Rai e lì è rimasto. Per quarantuno anni. Era il suo destino? Forse, perché suo padre era un tecnico di produzione radiofonica e lui era nato in un condominio in cui abitavano solo dipendenti della Rai. Ha passato una vita intera a lavorare in radio, nella sede di corso Sempione. Ha iniziato come sonorizzatore nelle produzioni di prosa e ha finito come curatore dei programmi di Radio2 che venivano trasmessi da Milano. Da Gino Bramieri in poi ha conosciuto molti artisti, molti autori, molti conduttori e molti cialtroni. Grazie a Caterpillar ha capito che la radio non è soltanto un mezzo di comunicazione ma può diventare un luogo dentro il quale le persone si riconoscono. Volevo stare dentro i fili di una radio è «una navigazione senza mappa e senza mete» in cui l'autore ha lasciato affiorare liberamente brandelli di memoria, spesso inaspettati. La scaletta che aveva preparato si è rapidamente dissolta, gli appunti abbandonati. Ma le parole c'erano e chiamavano altre parole, bastava ascoltarle e metterle in fila, come aveva fatto per tanti anni, per lavoro. «Siamo il copione di noi stessi e per arrivare in fondo bisogna voltare ogni pagina e se possibile, rileggersi, con la leggerezza della radio.»