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I Canti Orfici di Dino Campana sono un cattedrale poetica; possiedono una potenza visionaria, un'architettura musicale e delle suggestioni cromatiche che ne fanno un luogo insieme sontuoso e pieno di mistero. Come per ogni capolavoro, intorno alle sofferte vicende della pubblicazione di questa raccolta di poesie, il tempo ha costruito una leggenda. Con il compimento del suo capolavoro, Campana ha imboccato ormai la strada senza ritorno della follia. Appena toccata nell'opera la compiutezza, la perfezione, appena cioè rivelato con la poesia il mistero della bellezza, dopo è la morte. Tutta la vita del poeta, dell'artista, è intrisa di questa tragica premonizione. I Canti terminano con un verso di Withman in cui si adombra la morte del poeta protagonista, come assassinio di un innocente; «They were all torn and cover'd with the boy's blood.». Il titolo dell'opera riconduce con i Canti alla tradizione di Leopardi di cui Campana si sente erede diretto, mentre il riferimento esoterico all'Orfeo è soltanto occasionale e contingente. Iterazione ed ellissi sono i modi più frequenti in cui Campana modella la lingua, operante su tre livelli: letterale, simbolico e morale. Il risultato è forse il più potente e bello di tutta la poesia del '900.